Perché la concorrenza nell’odontoiatria è così elevata?
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...perchÉ ci sono cosÌ tanti dentisti in italia!
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Tutte le informazioni sanitarie che stai per leggere sono state scritte da informatori sanitari professionisti, e revisionate da Medici regolarmente abilitati alla professione.
- La situazione del mercato odontoiatrico in Italia: totalmente in mano ai privati?
- Un settore inflazionato, ma quali sono i motivi a monte?
- La crisi strutturale degli anni 2000: tutta colpa delle cliniche low-cost?
- La mancata formazione del marketing per gli odontoiatri: un problema serio
- Il tuo studio dentistico può crescere, ma solo se investi il giusto
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In Italia, secondo i dati dell’Eurostat, operano attualmente circa 60.000 odontoiatri.
Nel computo sono considerati sia i Medici Chirurghi in possesso del Diploma di specializzazione in Odontostomatologia, che i Medici Odontoiatri, ovverosia professionisti specializzati esclusivamente nell’Odontoiatria ed in possesso della specifica Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria.
È un numero di professionisti abbastanza elevato: circa 64 dentisti per 100.000 abitanti.
Tuttavia, è un rapporto riscontrabile anche in altri paesi europei, come la Francia (65 dentisti per 100.000 abitanti) e inferiore alla Germania, con ben 85 dentisti per 100.000 abitanti.
Questi dati indicano che il mestiere dell’odontoiatra, a prescindere dal paese di riferimento, è comunque una professione ad alta inflazione un po’ ovunque nel mondo occidentale.
Se sei un odontoiatra e ti stai domandando perché di tutta questa inflazione di colleghi nel tuo settore, sappi che l’alto numero di dentisti è solo una parte del problema.
A monte, vi sono tanti altri fattori e concause, che spesso vengono ignorati.
Continua a leggere questa pagina per saperne di più.
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La situazione del mercato odontoiatrico in Italia: totalmente in mano ai privati?
In Italia, si sa, esiste un sistema sanitario misto: è presente un capillare Servizio Sanitario Nazionale, formato da innumerevoli ASL locali e un grande numero di nosocomi e ambulatori, affiancato ad un servizio privato o privato in convenzione, anch’esso grandemente strutturato.
In tutta questa offerta, il settore dell’odontoiatria e delle cure odontoiatriche in generale è quasi totalmente in mano ai privati.
Gli studi dentistici privati coprono infatti l’85% di tutta la richiesta nazionale, con l’odontoiatria pubblica capace di soddisfare un misero 15% di tutte le richieste dei pazienti.
I motivi di questa disparità di percentuali sono in buona misura strutturali: gli studi dentistici delle ASL locali sono spesso sotto-qualificati, insufficienti nel numero delle risorse (sia economiche che professionali), con una cronica carenza di adeguata formazione del personale di supporto e perennemente bloccati dalla complicata gestione burocratica del SSN.
L’alto costo di molte cure odontoiatriche, che solitamente aumentano nell’urgenza e nella gravità all’aumentare dell’età media, rende il reparto dentistico tutto molto svantaggioso per lo Stato, già oberato da una spesa primaria per la sanità che è quasi sempre ben oltre le disponibilità annuali ricavate dai tributi.
Ciò ha fatto sì che, nel corso degli anni, il settore odontoiatrico pubblico soffrisse di un’ormai incancrenita carenza di fondi e strutture, anche a seguito di un progressivo invecchiamento medio della popolazione, con la conseguente maggiore necessità di ricorso alle cure dentistiche.
In tutto ciò, ovviamente, la richiesta del mercato ha generato la risposta del settore privato, che si è andato progressivamente a sostituire, sia per numeri che per fatturati, all’insufficiente offerta pubblica.
Come in tutti i settori di un’economia di mercato, l’aumento costante di domanda genera sempre una risposta degli investitori, che spesso sfocia in inflazione.
L’Italia sta sperimentando ormai da molti anni i risultati di politiche pubbliche d’investimento nel settore odontoiatrico totalmente nulle, a cui hanno giocoforza controbilanciato iniziative private invece capillari, sviluppatesi nell’ultimo periodo anche grazie ad ingenti investimenti di fondi stranieri.
Un settore inflazionato, ma quali sono i motivi a monte?
Sino al 1980, e precisamente fino al DPR n° 135 del 1980, in Italia non esisteva un Diploma di Laurea in Odontoiatria, ma il settore era considerato una specialistica della Medicina e della Chirurgia.
Gli odontoiatri dunque, per operare, erano tenuti a frequentare il canonico corso di Medicina e Chirurgia e poi, successivamente, a frequentare la Scuola Specialistica di Odontoiatria, conseguendo il relativo Diploma di Specializzazione.
Questo rendeva l’accesso alla professione di dentista un percorso molto lungo e faticoso, decisamente non per tutti: prima bisognava divenire medici, e poi specialisti odontoiatri.
Un percorso decisamente complesso.
Per ottemperare alle direttive europee 686/78 e 687/78, nel tentativo di uniformarsi a tutti gli altri paesi d’Europa, con la Legge 409/1985 l’Italia istituì un corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria, della durata di sei anni, slegato dal corso di Medicina e Chirurgia.
Questo passaggio, considerato cruciale nella figura della professione di dentista in Italia, causò un previsto aumento esponenziale dei giovani che, pur non volendo necessariamente divenire medici, erano interessati a divenire comunque odontoiatri.
Un percorso facilitato, non tanto per la difficoltà (comunque tenuta su alti standard), quanto piuttosto per la convenienza temporale.
Il relativo benessere economico della situazione italiana post-industriale, l’alta specializzazione che il mercato cominciò a richiedere ai professionisti sul finire degli anni ’80 e un progressivo invecchiamento medio della popolazione contribuirono enormemente all’aumento della richiesta di odontoiatri.
Un altro fattore da tenere in grande considerazione, oltre all’accesso diretto universitario alla specializzazione odontoiatrica, è l’incremento massiccio del numero di professioniste di sesso femminile.
Attualmente, i dentisti donna in Italia sono circa 16.000, circa il 25% del totale.
Ma il dato è fuorviante, in quanto, generalista, non tiene conto dei grandi cambiamenti sociali e demografici del Paese.
Difatti, le donne odontoiatre sono in minoranza decisa solo nella fascia over 50 dei professionisti: dagli under 50 in giù, la percentuale sale al 60%, ed aumenta ancora con il diminuire dell’età.
Questo fenomeno, ben conosciuto nel settore sanitario in generale (anche i medici condividono percentuali simili), è in costante espansione sin dalla metà degli anni ’90, e non accenna a fermarsi.
Se questo è un bene per la libera professione e un guadagno considerevole a livello sociale, è tuttavia un punto problematico a livello di puro mercato.
In un Paese già saturo di partite IVA (l’Italia conta circa il doppio di imprese e liberi professionisti rispetto alla media europea), l’aumento esponenziale della concorrenza, in breve tempo peraltro, generalmente porta alla rapida inflazione di qualsiasi settore di mercato.
E questo è esattamente quello che è successo con l’odontoiatria.
La crisi strutturale degli anni 2000: tutta colpa delle cliniche low-cost?
All’inizio degli anni 2000, complice un progressivo aumento dell’età media della popolazione e l’inizio di quella mancanza di ricambio generazionale, che sarebbe sfociata poi in un vero e proprio problema socio-economico vent’anni dopo, il mercato dell’odontoiatria in Italia presentava delle caratteristiche decisamente atipiche:
- La richiesta di cure odontoiatriche era in rapidissima espansione, con incrementi percentuali anche in doppia cifra ogni anno;
- L’accesso al credito al consumo, cosa sempre considerata poco gradita agli italiani nei decenni passati, si era invece rapidamente diffuso;
- Il potere d’acquisto medio della popolazione, dopo l’introduzione dell’Euro e oltre un decennio di mai risolte micro-crisi economiche, era drammaticamente sceso;
- Il Servizio Sanitario Nazionale era incapace di soddisfare la domanda di cure odontoiatriche;
- La Legge 248/2006, con i suoi pacchetti di liberalizzazioni del mercato, finalmente permetteva agli odontoiatri di associarsi e promuovere la loro attività
Queste condizioni crearono in poco tempo un ambiente ottimale per gli investitori, soprattutto stranieri, che videro nell’Italia una grande opportunità di business.
Le cosiddette ‘cliniche low-cost’, ovverosia niente altro che studi associati che puntano a certe categorie di pazienti, hanno molte caratteristiche comuni, che le distanziano notevolmente dagli studi dentistici tradizionali:
- Grandi strutture organizzate
Su modello statunitense, le cliniche low-cost sono strutture molto organizzate, a volte di caratura internazionale, con decine di professionisti che lavorano in ogni singolo studio.
L’iper-specializzazione dei professionisti consente di servire molti pazienti, con la turnazione del personale; - Carattere di affiliazione (franchising)
Molte (non tutte) cliniche low-cost sono dei veri e propri franchising, e come tali sono gestite e pubblicizzate.
Gli affiliati affittano brand, strumenti e (a volte) anche personale dall’azienda madre, che trattiene anche parte degli utili, su cui fa guadagno (royalty); - Prezzi e marketing molto aggressivi
Le cliniche low-cost puntano fortemente sulla parte squisitamente commerciale dell’offerta sanitaria, e su quella tentano sistematicamente di basare anche la loro strategia promozionale (nei limiti della Legge 30/12/2018, n. 145).
Una delle loro strategie più usate è quella del ‘prezzo predatorio’, su cui basano molto del loro marketing commerciale;
- Personale a rotazione
Le cliniche low-cost solitamente hanno un Direttore Sanitario, che gestisce svariati professionisti che lavorano in collaborazione (quindi, con autonoma Partita IVA).
Questo approccio snellisce i costi, garantisce un ricambio continuo e permette di modulare l’organico esattamente come un’azienda, seguendo l’andamento del mercato;
- Convenzioni con finanziarie ed assicurazioni
Le cliniche low-cost puntano solitamente ad un target preciso: pazienti propensi all’indebitamento, in quanto incapaci di saldare un trattamento per loro oneroso.
Questo le ha fatte, da subito, stringere ottimi rapporti con istituti di credito ed assicurazioni, con cui solitamente hanno canali agevolati
Grazie a politiche di marketing molto aggressive, all’uso sistematico del ‘prezzo predatorio’ e alla facilità di finanziamento dei loro trattamenti, le cliniche low-cost si sono dimostrate per anni un modello di business sanitario vincente.
Tuttavia, tali strutture hanno cominciato a dimostrare ben più di un problema dopo qualche anno dal loro avvento sul mercato.
Tra le note problematiche riscontrate dai pazienti, si evidenziano:
- Bassa qualità generale dei trattamenti;
- Strategia comunicativa totalmente orientata al marketing;
- Retribuzioni dei professionisti sanitarie sotto la media del mercato;
- Reclutamento di professionisti senza precedente consolidata esperienza;
- Uso indiscriminato della strategia del prezzo predatorio;
- Tendenza a proporre ai clienti trattamenti privilegiati in cambio di sottoscrizione di finanziamenti onerosi
Le cliniche low-cost si sono dimostrate un successo commerciale solo nei primi anni dalla loro introduzione.
Molti studi medici tradizionali, sopraffatti soprattutto dal nuovo linguaggio comunicativo adottato dalle nuove cliniche, hanno subito pesanti cali di fatturato, con perdite altrettanto pesanti.
Tuttavia, l’avvento delle cliniche low-cost, da solo, non è sufficiente a spiegare il calo sistematico e strutturale del mercato dell’odontoiatria.
Esse al massimo sono una concausa, ma come abbiamo visto in precedenza, i problemi principali sono ben a monte.
La mancata formazione del marketing per gli odontoiatri: un problema serio
Per decenni, i medici dentisti e gli odontoiatri sono stati impossibilitati nell’accesso del mondo della comunicazione, in special modo all’utilizzo della promozione.
Prima della Legge 248/2006, a medici ed odontoiatri era sostanzialmente impedita qualsiasi forma di pubblicità: al massimo, era a loro concesso (previa autorizzazioni comunale ed avvallo dell’Ordine provinciale di appartenenza) apporre una targa all’esterno del loro studio, e inserire il proprio nome nelle vecchie ‘Pagine Gialle’, ossia l’elenco delle attività commerciali.
Anche un semplice cartellone pubblicitario era a loro negato, poiché ritenuto offensivo della professione e poco deontologico.
Per molto tempo, quindi, mentre le attività italiane si adeguavano agli standard moderni, inventando i postulati basilari della mercatologia validi ancora oggi, medici ed odontoiatri sono stati tagliati fuori da qualsiasi aggiornamento di marketing.
Semplicemente, per loro il mercato della comunicazione non esisteva, almeno non come siamo abituati ad intenderlo ora.
Questo ha generato un incolmabile gap tra mondo sanitario e tutto il resto del mercato, ufficialmente finito nel 2006 con la serie di liberalizzazioni volute da Pierluigi Bersani.
In realtà, la situazione non si è ancora risolta, poiché la Legge 248/2006 ha aperto la possibilità della comunicazione pubblicitaria libera a medici e dentisti, ma quest’ultimi hanno accumulato talmente tanto svantaggio con qualsiasi altro settore del mercato che, ancora oggi, esistono situazioni di forte criticità.
In poche parole: gli odontoiatri, così come i loro colleghi medici, scontano una decisa ignoranza tecnica nel marketing, inteso anche come nozionismo basilare.
Ciò ha causato storture nel mercato sanitario, specie in quello odontoiatrico dove l’alto costo medio delle cure d’accesso ha permesso a molte agenzie pubblicitarie, ben poco deontologiche, di adattare le vecchie strategie del marketing commerciale al delicato mondo delle cure dentistiche.
I risultati sono stati spesso nefasti: campagne pubblicitarie truffaldine, uso sconsiderato della strategia del prezzo predatorio, abbassamento generale dei guadagni degli studi dentistici.
La mancata ed adeguata formazione pubblicitaria specifica per il settore odontoiatrico, ancora dilagante anche nei giovani dentisti, è considerato uno dei problemi a monte della crisi strutturale dell’odontoiatria in Italia.
Al momento, tale problema non ha trovato ancora una soluzione: il regolare corso di Laurea in Odontoiatria, al contrario di ciò che succede in molti altri Paesi avanzati, non prevede alcuna formazione specifica in Marketing Sanitario.
I corsi post-laurea, totalmente lasciati alla formazione privata, spesso mirano più alla vendita di costosi pacchetti promozionali, piuttosto che alla formazione vera del professionista.
L’incapacità di molti dentisti di adeguarsi al mercato, sfruttando le enormi potenzialità del Digital Marketing Sanitario, rispettando però al contempo gli obblighi deontologici della professione, è forse il problema più grande che il settore odontoiatrico sta vivendo in questo momento.
Un problema che, a sua volta, genera dei sotto-problemi di grave entità, che creano difficoltà ancora maggiori in un mercato asfittico ed economicamente depresso, come quello italiano.
Il tuo studio dentistico può crescere, ma solo se investi il giusto
Se sei arrivato fin qua con la lettura, avrai di certo capito alcune nozioni fondamentali, sul mercato dell’odontoiatria in Italia:
- Tanti pazienti hanno bisogno di tante cure odontoiatriche, ma pochi se le possono permettere;
- Il potere d’acquisto medio degli italiani è in flessione costante da oltre due decenni;
- Per non intaccare stili di vita precedentemente acquisiti, molti italiani ricorrono spesso alla leva del credito al consumo;
- C’è un elevato numero di odontoiatri in relazione agli abitanti del Paese;
- Le cliniche low-cost hanno avuto successo perché hanno usato con efficacia le leve del marketing;
- La formazione in marketing degli odontoiatri italiani è spesso insufficiente a permettergli di competere nel mercato odierno
Questi fattori, uniti alla particolare congiuntura economica (sfavorevole) che l’Italia ha passato dal 2008 in poi, hanno decretato una crisi strutturale del settore dell’odontoiatria.
Un settore che, però, non è desertificato: è ben vivo, poiché comunque la domanda dei servizi dentistici è sempre elevata.
Tale domanda si deve scontrare con un offerta ormai super-inflazionata.
E devi ricorrere a tali strumenti ora: non hai davvero tempo da perdere, poiché già hai accumulato un enorme ritardo comunicativo.
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Gli studi medici che hanno capito prima degli altri l’importanza dell’Internet come media comunicativo sono quelli che, attualmente, investono grandi cifre nella loro visibilità online.
E sono quindi quelli che assorbono gran parte dei nuovi pazienti.
Attento: non sono necessariamente gruppi di cliniche low-cost, ma anche studi odontoiatrici tradizionali che, però, si fanno giornalmente assistere dai professionisti del Digital Marketing per la loro presenza online.
E la cosa da i suoi frutti.
Ecco la discriminante principale nel mercato dell’odontoiatria attuale: esistono dentisti che sono integrati nei media più utilizzati di oggi, e dentisti che (anche giovani) non sanno sfruttare le enormi potenzialità della comunicazione.
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Quindi ricorda che...
- L’Italia ha un grande numero di odontoiatri in rapporto ai suoi abitanti, ma tale numero è sostanzialmente eguale a quello di molti altri grandi Paesi europei;
- Dagli anni ’80 sino ad ora, complice un percorso di studi facilitato e specifico e l’aumento del numero femminile di professionisti dentisti, l’inflazione degli odontoiatri in Italia è cresciuta esponenzialmente;
- Il potere d’acquisto degli italiani è precipitato dall’inizio degli anni 2000 ad oggi;
- Gran parte delle cure odontoiatriche in Italia sono pagate con l’accesso al credito al consumo;
- L’accesso alle cure odontoiatriche per tutti è solo parzialmente coperto dal Servizio Sanitario Nazionale: la gran parte del mercato è soddisfatta dall’offerta privata;
- La richiesta di cure odontoiatriche è generalmente direttamente proporzionale all’invecchiamento medio della popolazione;
- Il numero dei trattamenti odontoiatrici in Italia è in aumento da molti anni, ma si scontra con un generale ribasso dei guadagni degli studi dentistici;
- Le cliniche low-cost hanno sfruttato una particolare congiuntura di mercato favorevole per il loro insediamento in Italia;
- La formazione di marketing dei dentisti italiani è solitamente pessima, quando non inesistente;
- In un mercato estremamente competitivo ed inflazionato, chi con ricorre agli strumenti di marketing adeguati è destinato a soccombere
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Specializzato in Marketing Sanitario già dal 2006, anno in cui anche in Italia è stata permessa la comunicazione sanitaria, ha da sempre avuto grande passione per la pubblicità, l'arte e la scienza, in particolar modo per la medicina e l'informazione automatica.
In Promozione Medica, è l'esperto di Search Engine Optimization, Persuasive Copywriting, Lead Generation, funneling e Search Engine Advertising.
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